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mercoledì 7 dicembre 2011

CONDOMINIO NEWS

lunedì 17 ottobre 2011

Miasmi fognari dopo lavori fatti dall'Amministratore 2010

MIASMI IMPIANTO FOGNARIO DOPO I LAVORI DI FOGNATURA 201O

Dopo i lavori di fognatura del 2010 da fognatura a pendenza in fognatura dinamica ci sono spesso ritorni di cattivi odori specilamnete nei cambiamenti di bassa/alta pressione. Dopo questi lavori c'è un ritorno di cattivi odori dalla fogna (così rilevo quotidianamente e da tecnico. Ho chiesto più volte all'Amministratore che ha causato il danno di intervenire, ma niente si è risolto  in un  anno. Così ho deciso di farmi carico del problema chiamando vari tecnici, con vari preventivi per effettuare i lavori. Posso decurtare dalle spese condominiali e le spese che eventualmente affronterò? Anche perché sono sicuro che se dovessi chiedergli  il rimborso, a lavori effettuati, non lo riceverei mai.

M. A.

L'art. 1577 c.c. stabilisce che, se la cosa locata necessita di riparazioni che non sono a carico del conduttore,  questi è tenuto a darne avviso al locatore. Se poi si tratta di riparazioni urgenti, il conduttore può eseguirle direttamente, salvo il rimborso, purché ne dia contemporaneamente avviso al locatore. Pertanto, il lettore può far constatare da un tecnico sia l'urgenza della riparazione (trattandosi di un pubblico esercizio), sia che  il lamentato inconveniente non dipende da un uso improprio dell'impianto ma dal suo malfunzionamento,  rappresentando contestualmente la circostanza al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento e provvedendo a far eseguire i necessari lavori, compensandone l'importo con il canone di locazione, ai sensi del primo comma dell'art. 1243 c.c.

IL CONFLITTO D'INTERESSI IN CONDOMINIO

il condomino che versa in situazione di conflitto d’interessi viene delegato da altro condomino a esprimere il voto in assemblea, l’incompatibilità non si estende automaticamente al rappresentato; infatti l’estensione al condomino rappresentato del conflitto d’interessi si ha solo quando sia accertato in concreto che il delegante non era a conoscenza di tale situazione (Cass. 25/11/2004, n. 22234) Nel caso di specie, essendo il condomino-rappresentato coniuge del costruttore-rappresentante, è legittimo presumere che il conflitto d’interessi coinvolga entrambi. Il giudice può sindacare la legittimità ma non il merito (ossia la discrezionalità di cui dispone l’assemblea condominiale) di una delibera assembleare; sta pertanto al condomino che eccepisca l’eccesso di potere in capo all’organo condominiale provare attraverso una consulenza tecnica d’ufficio, in un eventuale giudizio di opposizione alla delibera, l’irragionevolezza della decisione; il riscontro di legittimità della delibera da parte dell’Autorità Giudiziaria, infatti, comprende, oltre alla sua conformità o meno alla legge e al regolamento del condominio, anche l’eccesso di potere (Cass. 20/4/2001, n. 5889).

STRADA PRIVATA DI USO COMUNE IMPUGNATIVA 30gg

AGGRAVAMENTO SERVITU'

Alcuni costruttori e conseguentemente proprietari di fondi, un regolamento di consorzio strada (consorzio di fatto) La strada in questione porta a 5 palazzi. Uno di questi non ha proprietà privata sulla strada, uno ne ha una irrisoria porzione, e tre di questi ne hanno alcune strisce. Tutte le proprietà private dei rispettivi palazzi risultano gravate da servitù, carrabile, camionabile , pedonale verso gli altri e sottoservizi. Tutti posteggiano ed alcuni ritengono di farlo non tanto per l'accordo su "un uso regolamentato" di una strada che non dovrebbe contenere posteggi nel rispetto della servitù, ma in quanto proprietari di una parte della stessa.  Dunque: noi posteggiamo perchè siamo proprietari di una porzione, e, tutto sommato manteniamo il rispetto della servitù. Certo le auto continuano a passare, ma un camion no. Ora chi ha ragione? Se la servitù rimane "sacrificata" ma attiva si può posteggiare sulla propria proprietà privata o si posteggia tutti in quanto consorziati e quindi partecipanti in termini economici anche alla manutenzione della stessa. Per cui i posteggi vengono "tollerati con accordo comune" non per diritto ma per uso e limitatamente ai millesimi di partecipazione al consorzio?

L. T.

L'art. 1137 c.c. stabilisce che  le delibere contrarie alla legge o al regolamento del condominio devono essere impugnate entro trenta giorni, decorrenti: dalla data della delibera per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti. Quanto alla forma dell'impugnazione, lo stesso articolo stabilisce che essa va proposta davanti all'Autorità Giudiziaria: non è sufficiente, quindi, una semplice lettera raccomandata.

Perdita acqua.




Perdite d'acqua e reponsabilita' del condominio per le parti comuni


2010-11-09 Testo successivo



Cassazione civile, Sezione 2, Sentenza n. 19045 del 3.9.2010

Chi: Spataro Fonte: Cassazione
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S

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.R. e D.G. convenivano in giudizio F.N. esponendo: che l'appartamento di loro proprietà era stato interessato da infiltrazioni di acqua provenienti dalle tubature dell'impianto dell'appartamento soprastante di proprietà della F. la quale si era opposta a far accedere alla propria abitazione un idraulico per l'esecuzione delle necessarie riparazioni; che ciò aveva reso necessario il ricorso ad un procedimento ex articolo 700 c.p.c., conclusosi con pronuncia con la quale era stato ordinato alla F. di provvedere all'immediata esecuzione dei lavori atti ad eliminare le infiltrazioni; che i lavori erano stati eseguiti; che era stato possibile stabilire che la perdita aveva avuto origine "nella braga di innesto dello scarico del lavandino della F. alla colonna condominiale". Gli attori chiedevano quindi la condanna della convenuta al risarcimento dei danni subiti a causa delle infiltrazioni.

La F. , costituitasi, chiedeva il rigetto della domanda - sostenendone l'infondatezza - e, in via riconvenzionale, la condanna degli attori al risarcimento dei danni patiti determinati dalla loro illecita condotta. Con sentenza 21/1/2003 l'adito tribunale di Cremona accoglieva la domanda principale - condannando la convenuta a pagare agli attori euro 971,31 a titolo di risarcimento danni - e rigettava quella incidentale.

Avverso la detta sentenza la F. proponeva appello al quale resistevano il B. e la D. .

Con sentenza 19/4/2005 la corte di appello di Brescia rigettava il gravame osservando: che la perdita d'acqua infiltratasi nel soffitto dell'appartamento sottostante era stata determinata dalla rottura della tubazione di scarico nel tratto obliquo creato per convogliare le acque del lavandino della F. alla colonna condominiale; che la distinzione, operata dalla appellante, tra tratto di proprietà esclusiva e tratto costituito da un elemento speciale formante corpo unico con la colonna verticale di proprietà condominiale, non trovava alcun riscontro sul piano tecnico e contrastava con la definizione comunemente data alla "braga" in questione; che quindi correttamente il tribunale aveva affermato l'appartenenza del tratto di tubazione in questione in proprietà esclusiva alla F. ed aveva ravvisato la sussistenza in capo alla stessa della responsabilità per cose in custodia ex articolo 2051 c.c; che la prova della sussistenza del danno subito dagli appellati risultava dagli accertamenti eseguiti dal geometra Pa. - trasfusi nella relazione del 21/10/1999 - e dalla acquisita documentazione fotografica, oltre che dalla prova testimoniale; che, come emergeva da tali risultanze probatorie, i soffitti e le pareti del servizio igienico e relativo disimpegno dell'appartamento dei coniugi B. - D. erano interessati da evidenti tracce di infiltrazioni d'acqua; che, al contrario di quanto asserito dalla appellante, il condominio non si era accollato l'onere della spesa necessaria per il ripristino dell'appartamento degli appellati; che la quantificazione del danno in euro 800,00, in linea capitale, pur essendo più ampia rispetto a quella indicata dal geometra Pa. in lire 1.350,000, era giustificata da vari elementi (nel dettaglio indicati); che giustamente era stata rigettata la domanda riconvenzionale proposta dalla F. tenuto conto della riscontrata legittimità dell'iniziativa giudiziaria intrapresa dai citati coniugi.

La cassazione della sentenza della corte di appello di Brescia è stata chiesta da F. Na. con ricorso affidato a quattro motivi. Re. B. e D.G. hanno resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la F. denuncia violazione dell'articolo 1117 c.c., n. 3, sostenendo che - come affermato nella stessa sentenza impugnata - il punto di rottura della tubazione di scarico è stato individuato nel tratto obliquo che convoglia le acque del lavandino di proprietà di essa ricorrente alla colonna condominiale. La perdita d'acqua è quindi da ascriversi alla rottura di un elemento comune dell'edificio. Infatti la "braga di innesto" tra la colonna di scarico condominiale e l'utenza esclusiva di un singolo condomino costituisce un corpo unico con la colonna condominiale ed è un elemento di esclusiva proprietà del condominio. La corte di appello ha quindi errato nell'interpretare l'articolo 1117 c.c., n. 3.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione dell'articolo 2051 c.c., deducendo che la presunzione di colpa per i danni cagionati dalla cosa in custodia trae giustificazione all'esistenza di un effettivo potere fisico del soggetto sul bene stesso. Nella specie essa F. non ha mai avuto un potere di intervento sulla parte della tubatura in questione trattandosi di un pezzo da considerarsi un tutt'uno con la braga condominiale. Infatti per poter intervenire è stata necessaria una delibera condominiale. La responsabilità ex articolo 2051 c.c., va quindi imputata solo al condominio.

Con il terzo motivo la F. denuncia vizi di motivazione per aver la corte di appello omesso di esaminare un fatto decisivo, ossia che la parte della tubatura che ha causato il danno appartiene ad un unico blocco costituente la colonna verticale di proprietà condominiale così come provato dalla documentazione prodotta. Il giudice di appello ha omesso di esaminare alcuni elementi probatori quali: le perizie del geometra B. e del geometra Pa. e i verbali di assemblea condominiale del 23/11/1999 e del 25/1/2000.

La Corte rileva l'infondatezza delle dette censure che, per evidenti ragioni di ordine logico e per economia di motivazione, possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione ed interdipendenza riguardando tutte - quale più quale meno e sia pur sotto aspetti e profili diversi - la stessa questione relativa alla condominialità o meno della "braga" della colonna di scarico dalla quale sono derivate le infiltrazioni d'acqua nell'appartamento dei coniugi B. - D. .

Al riguardo va osservato che la soluzione data dalla corte di appello a tale quesito è ineccepibile e conforme ai principi che questa Corte ha avuto modo di affermare - e che il Collegio condivide e fa propri - secondo cui:

- ai sensi del l'articolo 1117 c.c., n. 3, i canali di scarico sono oggetto di proprietà comune solo fino a punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva, e poichè la braga, quale elemento di raccordo fra la tubatura orizzontale di pertinenza del singolo appartamento e la tubatura verticale, di pertinenza condominiale, è strutturalmente posta nella diramazione, essa non può rientrare nella proprietà comune condominiale, che è tale perchè serve all'uso (ed al godimento) di tutti i condomini; e, nella specie, la braga qualunque sia il punto di rottura della stessa, serve soltanto a convogliare gli scarichi di pertinenza de singolo appartamento, a differenza della colonna verticale che, raccogliendo gli scarichi, di tutti gli appartamenti, serve all'uso di tutti i condomini (sentenza 17 marzo 2005 n. 5792);

- in un condominio la presunzione di comproprietà, prevista dall'articolo 1117 c.c., n. 3, anche per l'impianto di scarico delle acque, opera con riferimento alla parte dell'impianto che raccoglie le acque provenienti dagli appartamenti, e, quindi, che presenta l'attitudine all'uso ed al godimento collettivo, con esclusione delle condutture (ivi compresi i raccordi di collegamento) che, diramandosi da detta colonna condominiale di scarico, servono un appartamento di proprietà esclusiva (sentenze 1/1/2001 n. 583; 8.10.1998,n. 9940, in tema di impianto di riscaldamento).

- la spesa per la riparazione dei canali di scarico dell'edificio in condominio, che, ai sensi dell'articolo 1117 c.c., n. 3, sono oggetto di proprietà comune fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli, sono a carico di tutti i condomini per la parte relativa alla colonna verticale di scarico ed a carico dei rispettivi proprietari per la parte relativa alle tubazioni che si diramano verso i singoli appartamenti (sentenza 18/12/1995 n. 12894).

Avuto riguardo ai principi esposti la sentenza impugnata non è incorsa in alcuna violazione di legge e si sottrae alle critiche di cui è stata oggetto con le censure in esame posto che - come ammesso dalla stessa ricorrente - il punto di rottura della tubazione di scarico è stato individuato nel tratto obliquo che convoglia le acque del lavandino di proprietà della F. alla colonna condominiale.

Va solo aggiunto - con riferimento all'asserita violazione dell'articolo 2051 c.c., denunciata con il secondo motivo di ricorso - che la citata norma prevede una forma di responsabilità che ha fondamento giuridico nella circostanza che il soggetto chiamato a rispondere si trovi in una relazione particolarmente qualificata con la cosa, intesa come rapporto di fatto o relazione fisica implicante l'effettiva disponibilità della stessa, da cui discende il potere - dovere di custodirla e di vigilare, affinchè non arrechi danni a terzi. La fattispecie di cui all'articolo 2051 c.c., individua un'ipotesi di responsabilità oggettiva e non una presunzione di colpa, essendo sufficiente per l'applicazione della stessa la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della cosa stessa, e, perciò, trova applicazione anche nell'ipotesi (ricorrente nella specie) di cose inerti.

Pertanto, perchè possa configurarsi in concreto la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia non presuppone nè implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario. Ne consegue che il custode convenuto è onerato di offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità mediante la dimostrazione positiva (nel caso in esame non offerta) del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità. Nell'eventualità della persistenza dell'incertezza sull'individuazione della concreta causa del danno, rimane a carico del custode il fatto ignoto, in quanto non idoneo ad eliminare il dubbio in ordine allo svolgimento eziologico dell'accadimento.

La corte di merito, che così ha interpretato la norma in questione, non è incorsa in alcuna violazione di legge.

Va infine rilevata l'inammissibilità delle critiche mosse in questa sede (con il terzo motivo di ricorso) avente ad oggetto l'asserito omesso (o errato) esame delle prove documentali acquisite (le perizie del geometra B. e del geometra Pa. , nonchè i verbali di assemblea condominiale del 23/11/1999 e del 25/1/2000).

Dette critiche non sono meritevoli di accoglimento, oltre che per la loro evidente incidenza in ambito di apprezzamenti riservati al giudice del merito, anche per la loro genericità.

Sotto quest'ultimo aspetto bisogna segnalare che il ricorrente denuncia l'errata interpretazione e valutazione delle indicate prove documentali senza riportarne il contenuto specifico e completo il che non consente di ricostruirne - alla luce esclusivamente di alcune isolate parti - il senso complessivo ed i punti salienti ed importanti. Ciò impedisce a questa Corte di valutare - sulla base delle sole deduzioni contenute in ricorso - l'incidenza causale del denunciato difetto di motivazione e la decisività dei rilievi al riguardo mossi dalla ricorrente.

Nel giudizio di legittimità, il ricorrente che deduce l'omessa o l'erronea valutazione delle risultanze istruttorie ha l'onere (per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione) di specificare il contenuto delle prove non esaminate, indicando le ragioni del carattere decisivo dell'asserito vizio di valutazione: tale onere non è stato nella specie rispettato.

La ricorrente, inoltre, con la tesi concernente gli errori che sarebbero stati commessi dal Giudice di appello nel ricostruire i fatti di causa in relazione alle risultanze probatorie, ha sostanzialmente inteso sostenere che l'impugnata sentenza sarebbe basata su elementi di fatto inesistenti o contrastanti con le risultanze istruttorie. Trattasi all'evidenza della denuncia di travisamento dei fatti contro cui è esperibile solo il rimedio della revocazione. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, la denuncia di un travisamento di fatto, quando attiene (come nella specie) al fatto che sarebbe stato affermato in contrasto con la prova acquisita, costituisce motivo di revocazione e non di ricorso per cassazione importando essa un accertamento di merito non consentito in sede di legittimità.

Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione degli articoli 2697, 2056 e 1223 c.c., nonchè vizi di motivazione, deducendo che la corte di appello non ha applicato correttamente le norme relative al risarcimento del danno extracontrattuale ed all'onere probatorio a carico della parte lesa. La corte di merito ha infatti ritenuto sufficienti le prove relative al danno considerando "verosimile" l'estensione del risarcimento anche ad ulteriori e non provate spese di tinteggiatura dell'immobile dei coniugi B. . I danni risarcibili sono solo quelli direttamente ed immediatamente conseguenti all'inadempimento. Il danneggiale, inoltre, deve rispondere solo delle conseguenze probabili della sua condotta e non di quelle remote, improbabili o indirette che possano dipendere dal suo operato. Nella specie il presunto danno relativo alla tinteggiatura del soffitto non è stato suffragato da alcun elemento probatorio. Al riguardo il giudice di appello ha ritenuto risarcibili detti danni meramente verosimili ed ipotetici. Inoltre la motivazione della sentenza impugnata è contraddittoria nella parte in cui ha preso atto della Delib. condominiale 15 gennaio 2002, con la quale erano state ripartite tra i condomini le spese relative alla ricerca ed alla riparazione del guasto idraulico.

Anche questo motivo, al pari degli altri, non è fondato posto che, al contrario di quanto sostenuto dalla ricorrente e come più volte affermato nella giurisprudenza di legittimità, in ordine all'entità del risarcimento dei danni derivati da fatto illecito, il requisito della prevedibilità del danno, correlato all'elemento psicologico di esso (articolo 1225 c.c.), è inapplicabile alla responsabilità extracontrattuale, in quanto non richiamato dall'articolo 2056 c.c, avendo scelto il legislatore di non commisurare il risarcimento al grado della colpa (sentenza 30/3/2005 n. 6725). Pertanto, anche in relazione alla causalità nell'omissione in ordine all'illecito aquiliano, resta applicabile il principio per cui, non avendo l'articolo 2056 c.c., richiamato l'articolo 1225 c.c., sono risarcibili sia i danni prevedibili che imprevedibili, atteso che le dette particolarità rilevano sul piano della causalità giuridica di cui all'articolo 1223 c.c., e non su quello della causalità materiale di cui agli articoli 40 e 41 c.p. (sentenza 31/5/2005 n. 11609).

Correttamente, quindi la corte di appello ha ritenuto - confermando la decisione del primo giudice - di dover aggiungere, all'importo indicato dal geometra Pa. per la quantificazione dei danni subiti dai coniugi B. , una somma (peraltro molto contenuta) per il "verosimile" ulteriore danno al soffitto del locale soggiorno. In proposito la corte di merito ha ampiamente giustificato tale decisione facendo espresso riferimento: alla limitala valutazione operata dal professionista relativa solo alle spese di ripritino e tinteggiatura del soffitto del bagno; all'estensione del fenomeno dannoso anche al soffitto locale soggiorno; al perdurare della causa dell'inconveniente anche dopo il sopralluogo del professionista.

Si tratta, come appare palese, di una motivazione adeguata e congrua, frutto di un insindacabile valutazione delle risultanze probatorie e sorretta da coerenti argomenti immuni da vizi logici e giuridici.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi euro 200,00, oltre euro 600,00 a titolo di onorario ed oltre accessori come per legge.







2010-11-09 Fonte: Cassazione > > > > > > > > > >




  

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Condominio: perdita tubo acqua, determinazione responsabilita' del condominio o del singolo condomino. Sentenza Corte di Cassazione n. 19045/2010 del 03 settembre 2010


RISARCIMENTO DEL DANNO. PERDITA TUBAZIONE ACQUA. RESPONSABILITA' SINGOLO CONDOMINO O CONDOMINIO. DETERMINAZIONE DELLE COMPETENZE.

Ai sensi dell'art. 1117 c.c., n. 3, i canali di scarico sono oggetto di proprieta' comune solo fino a punto di diramazione degli impianti ai locali di proprieta' esclusiva, e poiche' la braga, quale elemento di raccordo fra la tubatura orizzontale di pertinenza del singolo appartamento e la tubatura verticale, di pertinenza condominiale, e' strutturalmente posta nella diramazione, essa non puo' rientrare nella proprieta' comune condominiale, che e' tale perche' serve all'uso (ed al godimento) di tutti i condomini; e, nella specie, la braga qualunque sia il punto di rottura della stessa, serve soltanto a convogliare gli scarichi di pertinenza de singolo appartamento, a differenza della colonna verticale che, raccogliendo gli scarichi, di tutti gli appartamenti, serve all'uso di tutti i condomini (sentenza 17 marzo 2005 n. 5792).

In un condominio la presunzione di comproprieta', prevista dall'art. 1117 c.c., n. 3, anche per l'impianto di scarico delle acque, opera con riferimento alla parte dell'impianto che raccoglie le acque provenienti dagli appartamenti, e, quindi, che presenta l'attitudine all'uso ed al godimento collettivo, con esclusione delle condutture (ivi compresi i raccordi di collegamento) che, diramandosi da detta colonna condominiale di scarico, servono un appartamento di proprieta' esclusiva (sentenze 1/1/2001 n. 583; 8/10/1998, n. 9940, in tema di impianto di riscaldamento).

la spesa per la riparazione dei canali di scarico dell'edificio in condominio, che, ai sensi dell'art. 1117 c.c., n. 3, sono oggetto di proprieta' comune fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprieta' esclusiva dei singoli, sono a carico di tutti i condomini per la parte relativa alla colonna verticale di scarico ed a carico dei rispettivi proprietari per la parte relativa alle tubazioni che si diramano verso i singoli appartamenti (sentenza 18/12/1995 n. 12894).


(Sentenza Cassazione civile, sezione II, 03/09/2010, n. 19045)

martedì 21 giugno 2011

UNI_CIG SICUREZZA GAS COMBUSTI 1998 _ LEX 46/1990


DECRETO 26 novembre 1998.

GAZZETTA UFFICIALE 29_12_1998

Approvazione di tabelle UNI-CIG, di cui alla legge 6 dicembre 1971, n. 1083, recante norme per la sicurezza dell'impiego del gas combustibile (18° gruppo).

IL MINISTRO DELL'INDUSTRIA DEL COMMERCIO E DELL'ARTIGIANATO

Vista la legge 6 dicembre 1971, n. 1083, sulla sicurezza di impiego di gas combustibile;

Vista la legge 5 marzo 1990, n. 46, art. 7, e successive modificazioni, concernente le norme per la sicurezza degli impianti;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 6 dicembre 1991, n. 447, concernente il regolamento di attuazione della citata legge 5 marzo 1990, n. 46;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1998, n. 218, concernente il regolamento recante disposizioni in materia di sicurezza degli impianti alimentati a gas combustibile per uso domestico;

Sentita l'apposita commissione tecnica costituita per l'applicazione della legge 6 dicembre 1971, n. 1083;

Considerata la necessità, ai sensi dell'art. 3 della citata legge 6 dicembre 1971, n. 1083, di approvare le norme specifiche per la sicurezza, pubblicate dall'Ente nazionale di unificazione (UNI), in tabelle con la denominazione UNI-CIG, la cui osservanza fa presumere effettuati secondo le regole della buona tecnica per la salvaguardia della sicurezza, i materiali, gli apparecchi, le installazioni e gli impianti alimentati con gas combustibile;

Considerato che le predette norme si estendono anche agli usi similari di cui all'art. 1 della citata legge 6 dicembre 1971, n. 1083, e cioè, a quelli analoghi, nel fine operativo, negli usi domestici e da questi differiscono perché richiedono apparecchi o installazioni diverse;

Considerato che, ai sensi del citato decreto del Presidente della Repubblica 6 dicembre 1991, n. 447, i materiali, i componenti e gli impianti costruiti secondo le tabelle CEI e UNI-CIG, si presumono soddisfare la regola dell'arte per la salvaguardia della sicurezza;

Considerato che le tabelle UNI-CIG relative ai materiali e ai componenti, destinati alla realizzazione degli impianti, non rientrano nel campo di applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996, n. 661, di recepimento della direttiva CEE/90/396 sugli apparecchi a gas combustibile;

Visto che, ai sensi del citato decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1998, n. 218, le modalità per effettuare l'adeguamento, i controlli e le verifiche ivi previste sono state pubblicate dall'Ente nazionale di unificazione - UNI con la norma specifica UNI-CIG 10738;

Considerato che le tabelle UNI-CIG, pur mantenendo il carattere di norme volontarie, e pertanto non costituendo regole tecniche ai sensi della legge 21 giugno 1986, n. 317, di recepimento della direttiva CEE/83/189, conferiscono ai materiali, prodotti e impianti, costruiti secondo le stesse tabelle, presunzione di conformità alle regole della buona tecnica per la salvaguardia della sicurezza;

Considerata la necessità, per la più ampia divulgazione possibile, di pubblicare dette norme nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, in allegato al decreto di approvazione, trattandosi di norme finalizzate alla salvaguardia della sicurezza e della salute delle persone, in analogia alla pubblicazione delle corrispondenti norme oggetto di disciplina comunitaria;

Decreta:

Art. 1.

1. E' approvata, ai sensi dell'art. 3 della legge 6 dicembre 1971, n. 1083, e pubblicata nell'allegato I parte integrante del presente decreto, la seguente tabella UNI-CIG, norma tecnica per la salvaguardia della sicurezza (18° gruppo):

UNI-CIG 10738 - Edizione maggio 1998 - «Impianti alimentati a gas combustibile per uso domestico preesistenti alla data del 13 marzo 1990 - Linee guida per la verifica delle caratteristiche funzionali».

2. L'allegato F alla tabella UNI-CIG 10738 è sostituito dalla scheda di presentazione dei risultati delle verifiche, riportata nell'allegato II, parte integrante del presente decreto.

Il presente decreto, con i relativi allegati, verrà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Roma, 26 novembre 1998

(Seguono le firme)

ALLEGATO I

PARTE 1

PREMESSA

La presente norma è stata elaborata dal CIG (Comitato Italiano Gas - viale Brenta 27, 20139 Milano), ente federato all'UNI, è stata rivista da una Commissione istituita presso il Ministero dell'Industria, Commercio e Artigianato, ed è stata approvata per la sua presentazione alla Commissione Centrale Tecnica dell'UNI il 20 ottobre 1997.

E' stata quindi esaminata ed approvata dalla Commissione Centrale Tecnica, per la pubblicazione come norma raccomandata, il 26 marzo 1998.

La norma contiene delle linee guida per la verifica delle caratteristiche funzionali degli impianti a gas, connesse agli obiettivi della legge 1083/1971. Essa riguarda gli impianti costruiti prima del 13 marzo 1990, data di entrata in vigore della legge 46/1990; per gli impianti costruiti successivamente a tale data, deve essere fornita ed essere disponibile la dichiarazione di conformità, secondo l'art. 9 della Legge 46/1990 ed il Decreto del Ministero dell'industria, del Commercio e dell'Artigianato del 20 febbraio 1992 (G.U. n. 49 del 28 febbraio 1992).
__________
Le norme UNI sono revisionate, quando necessario, con la pubblicazione di nuove edizioni o di aggiornamenti.

E' importante pertanto che gli utenti delle stesse si accertino di essere in possesso dell'ultima edizione e degli eventuali aggiornamenti.

Le norme UNI sono elaborate cercando di tenere conto dei punti di vista di tutte le parti interessate e di conciliare ogni aspetto conflittuale, per rappresentare il reale stato dell'arte della materia ed il necessario grado di consenso.

Chiunque ritenesse, a seguito dell'applicazione di questa norma, di poter fornire suggerimenti per un suo miglioramento o per un suo adeguamento ad uno stato dell'arte in evoluzione è pregato di inviare i propri contributi all'UNI, Ente Nazionale Italiano di Unificazione, che li terrà in considerazione, per l'eventuale revisione della norma stessa.

1 SCOPO E CAMPO DI APPLICAZIONE

La presente norma fornisce le linee guida per effettuare la verifica delle caratteristiche funzionali degli impianti a gas per uso domestico preesistenti alla data del 13 marzo 1990 1).

Essa si applica agli impianti per uso domestico alimentati a gas combustibile [sia gas naturale (metano), sia gas di petrolio liquefatto (GPL), sia gas manifatturato], comprendenti apparecchi con singola portata termica non maggiore di 35 kW (30 000 kcal/h)2).2 RIFERIMENTI NORMATIVI

UNI 7140 Apparecchi a gas per uso domestico - Tubi flessibili non metallici per allacciamento

UNI 9891 Apparecchi a gas per uso domestico - Tubi flessibili di acciaio inossidabile a parete continua

UNI 10642 Apparecchi a gas - Classificazione in funzione del metodo di prelievo dell'aria comburente e di scarico dei prodotti della combustione

3 TERMINI E DEFINIZIONI

Ai fini della presente norma si applicano le definizioni seguenti:

3.1 ventilazione: Afflusso dell'aria necessaria alla combustione.

3.2 aerazione: Ricambio dell'aria necessaria sia per lo smaltimento dei prodotti della combustione, sia per evitare miscele con un tenore pericoloso di gas non combusti.

4 VERIFICA DELLA VENTILAZIONE

4.1 Nei locali in cui sono installati degli apparecchi a gas di cottura e/o a circuito di combustione aperto (tipo A o B) (per la classificazione degli apparecchi vedere appendice A) è necessario che siano presenti una o più aperture di ventilazione permanenti verso l'esterno con i seguenti requisiti:

a) avere complessivamente una sezione libera di 5,16 cm2 per ogni kW (6 cm2 per ogni 1 000 kcal/h) di portata termica del/degli apparecchio/i, con minimo di 100 cm2;

b) quando praticate nelle pareti devono essere protette con griglia, reti metalliche, ecc. che non riducano la sezione netta richiesta;

c) essere praticate preferibilmente nella parte bassa della parete esterna o delle portefinestre. Qualora siano realizzate nella parte alta delle pareti o degli infissi (finestre, porte, cassonetti di serrande avvolgibili o simili)3), le sezioni libere devono essere maggiorate del 50%, cioè 7,74 cm2 per ogni kW (9 cm2 per ogni 1 000 kcal/h) con un minimo di 150 cm2, secondo le indicazioni riportate nel prospetto C.2. In presenza di portate termiche complessive maggiori di 35 kW (30 000 kcal/h), la superficie di ventilazione deve essere comunque non minore del valore ottenuto con la seguente relazione:

5,16 cm2 per ogni kW (6 cm2 per ogni 1 000 kcal/h)
__________

1) Data coincidente con l'entrata in vigore della Legge 5 marzo 1990, n. 46 "Norme per la sicurezza degli impianti.

2) Nel testo della presente norma i valori di portata termica vengono espressi in kilowatt (kW) in conformità al Sistema Internazionale di misura (SI); tenuto conto che la realizzazione degli impianti preesistenti può risalire a periodi anche non recenti, in cui era ancora in vigore o comunque molto diffusa come unità di misura la kilocaloria all'ora, tale unità viene per praticità indicata tra parentesi, di fianco ad ogni valore espresso in kilowatt.

3) Nel controllare le aperture di ventilazione non praticate nella muratura, occorre poterne misurare le dimensioni nette ed assicurarsi che in ogni posizione dei serramenti sia garantito il libero passaggio dell'aria.
__________

d) la sezione necessaria alla ventilazione può essere costituita anche da una fessura tra una porta che dia verso l'esterno ed il pavimento, purché si abbia la superficie prevista in c) per la posizione bassa.

4.1.1
I locali contenenti solo apparecchi di cottura dotati di dispositivi di controllo di fiamma e con portata termica non superiore a 11,6 kW (10 000 kcal/h), si considerano idonei dal punto di vista della ventilazione se hanno volume uguale o maggiore di 20 m3 (superficie in pianta circa 7 m2 ) e dispongono di finestre o portefinestre prospicienti l'esterno apribili (per l'aerazione vedere 5).
Ai fini del calcolo del volume del locale di installazione può essere considerato anche il locale contiguo e comunicante senza interposizione di porte, purché detto locale rispetti i seguenti requisiti:

- non sia adibito a camera da letto;

- non vi siano installati altri apparecchi a gas;

- non sia un ambiente con pericolo di incendio (per esempio autorimessa, magazzino di materiali combustibili, ecc.).

I locali contenenti apparecchi di cottura privi di dispositivi di controllo di fiamma sul piano di lavoro, o con volume minore di 20 m3, devono essere ventilati a mezzo di apposite aperture verso l'esterno aventi superficie minima pari a 100 cm2, indipendentemente dalla presenza di finestre o portefinestre.

4.1.2
Nei locali in cui sono installati apparecchi di tipo A (non collegati ad un condotto di evacuazione dei prodotti della combustione) (per la classificazione degli apparecchi vedere appendice A), devono essere presenti due aperture, verso l'esterno, ciascuna di sezione minima di 100 cm2, una in posizione bassa, per la ventilazione, l'altra in posizione alta per l'aerazione.
I locali contenenti apparecchi di tipo A, non devono essere adibiti ad uso bagno o doccia, nè camere da letto; inoltre devono avere un volume maggiore di 12 m3.

4.2
Gli apparecchi a circuito di combustione stagno rispetto al locale di installazione (apparecchi di tipo C) non sono soggetti a prescrizioni di ventilazione.
In ogni caso la presa esterna dell'aria di combustione (terminale) deve essere libera da ogni ostruzione, in buono stato di conservazione e fissata stabilmente.

4.3
Nel caso non sia possibile effettuare la ventilazione diretta del locale come sopra descritto, si può realizzare la ventilazione indiretta con gli stessi requisiti di cui sopra, da un locale adiacente, purché tale locale non sia una camera da letto, o un locale con pericolo di incendio (per esempio autorimessa), non sia in depressione rispetto al locale da ventilare (per esempio per presenza di altri apparecchi di combustione con circuito di combustione aperto, elettroventilatori o simili) e sia collegato al locale da ventilare da aperture aventi le medesime dimensioni di quelle sopra descritte, praticabili anche nella porta di passaggio da un locale all'altro.

4.4
Per la verifica della corretta ventilazione si devono prima rilevare il tipo e i dati di targa (portata termica) degli apparecchi (di cottura e/o a circuito di combustione aperto) presenti nel locale, in modo da poter calcolare le aperture di ventilazione necessarie.
Nel caso non siano disponibili i dati di targa, si possono assumere i valori riportati nell'appendice B.
Successivamente si procede alla misurazione della sezione netta delle aperture per accertarne la conformità a quanto richiesto.
Si deve controllare anche che le aperture siano libere da ostruzioni.
Nelle appendici C e D sono riportati alcuni esempi per il calcolo delle superfici di ventilazione.
Se si vogliono accertare le condizioni di ventilazione, in mancanza dei requisiti di cui sopra, è indispensabile effettuare idonee prove strumentali e stabilire comunque i provvedimenti da adottare.
5 VERIFICA DELL'AERAZIONE DEI LOCALI

5.1
Nei locali dove sono installati apparecchi di tipo A o di cottura, non dotati di condotti di scarico dei prodotti della combustione all'esterno, deve essere garantita una idonea aerazione sia per lo smaltimento dei prodotti della combustione, sia per evitare l'eventuale formazione di miscele con tenore pericoloso di gas non combusto.

5.2
Nei locali in cui sono installati apparecchi di tipo A, oltre all'apertura di ventilazione di cui in 4.1, deve essere presente anche un'altra apertura per l'aerazione, ubicata nella parte alta del locale ed avente una superficie minima netta non minore di 100 cm2.

5.3
Nei locali in cui sono installati solo apparecchi di cottura privi della cappa per lo scarico dei prodotti della combustione (vedere 6.1), l'aerazione del locale si ritiene soddisfatta in presenza di almeno uno dei seguenti requisiti:

5.3.1
un elettroventilatore (estrattore) applicato alla parete esterna o alla finestra, oppure collegato ad un apposito condotto di scarico verso l'esterno, da mettere in funzione durante tutto il tempo di funzionamento dell'apparecchio di cottura. In questo caso devono essere rispettate le seguenti condizioni:

- il ventilatore non può tassativamente essere collegato a canne fumarie destinate allo scarico di apparecchi diversi da quelli di cottura, quali caldaie, scaldabagni e stufe anche se installati su altri piani;

- nel locale non vi deve essere alcun condotto di scarico funzionante o fuori servizio, a meno che non sia tappato o sigillato;

- l'elettroventilatore deve avere una portata di aria di almeno 2 m3/h ogni 1 000 kcal/h di portata termica installata:

oppure mediante:

5.3.2
un apposito foro, verso l'esterno, nella parte alta della parete o dell'infisso con una superficie netta non minore di 100 cm2. Tale foro non concorre al calcolo della superficie di ventilazione prevista in 4.1.
Tuttavia l'apertura di ventilazione di cui in 4.1, può essere coincidente con quella di aerazione sopra descritta (con esclusione degli impianti alimentati a GPL, vedere appendice D), in tale caso l'apertura unica deve risultare ubicata necessariamente nella parte alta del locale ed avere una superficie netta non minore di 250 cm2. Nell'appendice D sono riportati alcuni esempi riferiti alle superfici di aerazione e di ventilazione dei locali contenenti solo apparecchi di cottura.

6 VERIFICA DELL'EFFICIENZA DEI SISTEMI DI SCARICO DEI PRODOTTI DELLA COMBUSTIONE (SCARICO DEI FUMI)

6.1 Apparecchi di cottura

Gli apparecchi di cottura dei cibi devono scaricare i prodotti della combustione in apposite cappe che comunque devono essere collegate a condotti specificatamente dedicati, oppure scaricare direttamente all'esterno (a parete).
Nei condotti dove scaricano le cappe degli apparecchi di cottura non è consentito convogliare lo scarico di qualsiasi altro apparecchio.
In alternativa allo scarico per mezzo della cappa è consentito adottare uno dei requisiti specificati in 5.3.

6.2 Apparecchi di tipo B a tiraggio naturale

Gli apparecchi di tipo B a tiraggio naturale devono scaricare i prodotti della combustione in appositi camini o canne fumarie collettive ramificate (di seguito denominate canne fumarie) oppure direttamente all'esterno (a parete).
Canali da fumo

Il canale da fumo, che collega l'apparecchio al camino, canna fumaria o terminale esterno, deve presentare i seguenti requisiti:

- non deve essere deteriorato per effetto del calore, delle eventuali condense o da altre cause;

- deve avviare in maniera adeguata il flusso ascendente dei prodotti della combustione verso l'imbocco al camino, canna fumaria, dispositivo di scarico;

- deve essere ben fissato in maniera da impedire lo scollegamento accidentale sia dell'apparecchio sia dell'imbocco del camino o canna fumaria;

- deve ricevere lo scarico dei prodotti della combustione di un solo apparecchio;

- lungo tutto il percorso del canale da fumo non devono essere presenti serrande o altri sistemi di chiusura;

- deve avere per tutta la lunghezza una sezione non minore di quella dell'attacco del tubo di scarico dell'apparecchio. Nel caso in cui la canna fumaria avesse un diametro minore di quello dei canali da fumo deve essere effettuato un raccordo conico.

E' consentito che due apparecchi a gas, situati nello stesso ambiente, scarichino in un apposito canale da fumo collettore, purché vengano rispettate le prescrizioni seguenti:

a) gli apparecchi siano similari per tipo e portata termica, per esempio due caldaie, una caldaia ed uno scaldabagno oppure due stufe;

b) il collettore abbia una sezione di passaggio non minore della somma delle sezioni dei canali da fumo dei due apparecchi.

In alternativa al collettore, due apparecchi similari possono scaricare i prodotti della combustione direttamente in un unico camino, purché tra l'asse dei due imbocchi al camino stesso vi sia una distanza non minore di 25 cm.

6.3 Apparecchi di tipo B a tiraggio forzato e di tipo C

Canali da fumo

Gli apparecchi di tipo B (vedere appendice A) a tiraggio forzato sono quelli a circuito di combustione aperto che dispongono di un elettroventilatore per evacuare forzatamente i fumi dell'apparecchio stesso.
I canali da fumo degli apparecchi di tipo B a tiraggio forzato e degli apparecchi di tipo C (per questi ultimi nel caso di canale dell'aria separato dal canale da fumo) devono essere a tenuta dei prodotti della combustione e non devono essere di tipo corrugato. Inoltre i canali da fumo non devono essere corrosi o deteriorati. I canali da fumo devono essere ben fissati sia all'apparecchio sia al sistema di evacuazione dei prodotti della combustione.

6.4 Scarico diretto all'esterno dei prodotti della combustione degli apparecchi di tipo B e C (a tiraggio naturale e forzato)

Nel caso gli apparecchi scarichino direttamente all'esterno (a parete), il terminale di tiraggio deve essere posizionato al di fuori dell'area di rispetto indicata nell'appendice E; in pratica i fumi non devono fuoriuscire all'esterno degli edifici nelle zone vicine ad eventuali aperture quali finestre, portefinestre, aperture di ventilazione, ecc. La stessa appendice riporta le distanze in funzione della tipologia degli apparecchi (a tiraggio naturale o forzato). Tali distanze si applicano agli apparecchi con portata termica maggiore di 4 kW (3 440 kcal/h).
I terminali di tiraggio degli apparecchi di tipo B a tiraggio naturale devono essere posizionati in modo da convogliare i fumi verso l'alto e non obliquamente ed orizzontalmente.

6.5 Scarico dei prodotti della combustione in camini e canne fumarie

Per camino si intende un condotto singolo che riceve lo scarico di un solo apparecchio, o due come sotto specificato, mentre le canne fumarie sono costituite essenzialmente da un collettore collegato tramite condotti secondari (rami) agli apparecchi ubicati sui diversi piani degli stabili.
I camini possono ricevere lo scarico di un solo apparecchio. E' consentito lo scarico di due apparecchi, ubicati nello stesso locale, purché vengano rispettate le prescrizioni precedentemente descritte in 6.2.
Le canne fumarie collettive ramificate possono ricevere lo scarico solo da apparecchi a gas di tipo B a tiraggio naturale tenendo presente che:

- è consentito lo scarico di un solo apparecchio per piano;

- gli apparecchi sui vari piani devono avere una portata termica similare (cioè che non differisca tra loro più del 30%);

- ogni canna fumaria può servire massimo otto piani, il nono deve scaricare attraverso il condotto secondario, direttamente nel comignolo.

6.6 Controllo dell'efficienza dei sistemi di scarico dei prodotti della combustione degli apparecchi di tipo B a tiraggio naturale

I controlli di cui ai punti precedenti devono formare oggetto di un esame visivo preliminare. Di seguito invece vengono descritte le prove da effettuare per la verifica dell'efficienza dei sistemi di scarico. L'efficienza dei sistemi di scarico dei prodotti della combustione degli apparecchi di tipo B a tiraggio naturale può essere verificata secondo la procedura prevista dalla normativa tecnica, specifica in materia. Possono comunque essere seguite le seguenti modalità:

- chiudere porte e finestre del locale;

- azionare gli eventuali elettroventilatori o cappe aspiranti;

- accendere l'apparecchio oggetto della prova e gli altri eventuali apparecchi (esclusi quelli a circuito di combustione stagno) alla massima portata termica;

- trascorsi 10 min, con tutte le apparecchiature in funzione, si accosta lungo tutto il bordo dell'interruttore di tiraggio dell'apparecchio in prova un fiammifero o una candela o, preferibilmente, un fiammifero fumogeno o un prodotto analogo.

Se il tiraggio è corretto la fiamma o i fumi saranno attirati nell'interruttore di tiraggio. Altrimenti i prodotti della combustione che non evacuano correttamente tenderanno a respingere la fiamma o i fumi.
Un altro metodo pratico per il controllo dell'efficienza del tiraggio, consiste nell'accostare alle aperture sul mantello degli apparecchi in corrispondenza dell'interruttore di tiraggio, o ai bordi dello stesso, nelle medesime condizioni di funzionamento di cui sopra, una placca cromata o uno specchio passato prima sotto acqua fredda corrente ed asciugato. Se la placca o lo specchio si appannano significa che il sistema di scarico non è efficiente ed i fumi rientrano nell'ambiente. In alternativa alla placca o allo specchio si possono utilizzare anche appositi strumenti elettronici.
Se le prove con fiamme o fumi, oppure con placca cromata o specchio forniscono risultati incerti, oppure si rilevano alcuni degli indizi sottocitati, occorre, nelle medesime condizioni di prova, effettuare il controllo del tiraggio, a valle del rompitiraggio, mediante un apposito strumento (per esempio un deprimometro). Indizi della non corretta efficienza del sistema di scarico dei prodotti della combustione o dell'intasamento dello scambiatore di calore, sono dati dalla presenza di depositi di sporco all'imbocco del camino, dal deterioramento del colore dell'involucro dell'apparecchio e dalla presenza di muffa o di umidità sulle pareti limitrofe e sui vetri delle finestre. Questi ultimi fenomeni sono più evidenti nei periodi molto freddi, bisogna però verificare che l'umidità non sia dovuta ad altre cause, come la cottura dei cibi. Nel caso la prova di tiraggio evidenzi la fuoriuscita dei prodotti della combustione nell'ambiente oppure si abbia un risultato incerto, è indispensabile effettuare una verifica delle condizioni di tutta la canna fumaria.

7 VERIFICA DELLA TENUTA DELL'IMPIANTO INTERNO DI ADDUZIONE DEL GAS COMBUSTIBILE (TUBAZIONI E LORO ACCESSORI)

La verifica ha lo scopo di accertare la tenuta dell'impianto interno cioè l'assenza di perdite di gas dalle tubazioni a partire dal contatore (o dalle bombole oppure dai serbatoi fissi per il GPL) fino agli apparecchi di utilizzazione.
Le tubazioni degli impianti interni possono essere in vista, sotto traccia (cioè all'interno delle pareti) o interrate.
L'impianto interno deve presentare le seguenti caratteristiche ed essere conforme alle prescrizioni sottoriportate:

- gli impianti alimentati da GPL (sia da bombole che da serbatoi fissi) devono avere solo tubazioni collocate in vista e, negli eventuali attraversamenti di muri e di solette, devono avere un tubo di protezione esterno (guaina);

- gli impianti interni alimentati da GPL (sia da bombole che da serbatoi fissi) non possono essere installati in locali con il pavimento al di sotto del piano di campagna;

- è vietata la posa in opera delle tubazioni nei camini, nelle canne fumarie, nei condotti di scarico delle immondizie, nei vani ascensori o vani per il contenimento di tubazioni per altri servizi.

Qualora la tubazione attraversi ambienti con pericolo di incendio, (quali autorimesse, magazzini di materiali combustibili, ecc.) il tubo deve essere collocato in apposita guaina metallica;

- subito prima di ogni apparecchio di utilizzazione o di ogni flessibile deve essere sempre presente un rubinetto di intercettazione, posto in posizione facilmente visibile ed accessibile;

- gli apparecchi montati in modo fisso devono essere allacciati all'impianto con raccordi rigidi o con tubi flessibili di acciaio, secondo UNI 9891. Gli altri apparecchi (per esempio quelli di cottura), ad eccezione di quelli ad incasso, possono essere allacciati anche con tubi non metallici (gomma o elastomeri).

I tubi non metallici non devono avere lunghezza maggiore di 1,5 m, devono essere facilmente ispezionabili e fissati solidamente ai portagomma con apposite fascette metalliche, o con raccordi filettati, laddove l'apparecchio dispone di attacco anch'esso filettato; non devono presentare strozzature, non devono essere soggetti a sforzi di trazione o torsione od essere a contatto con corpi taglienti, spigoli vivi e simili e non devono essere esposti a temperature maggiori di 50 °C. Ciascun flessibile non metallico, di cui alla UNI 7140, riporta la data entro la quale deve essere sostituito.

L'ispezione visiva di quanto sopra costituisce la parte preliminare della procedura di controllo ed è limitata alle parti in vista; essa è accompagnata anche all'accertamento della manovrabilità di tutti i rubinetti.

7.1 Tenuta dell'impianto interno di adduzione del gas

E' necessario procedere alla verifica della tenuta dell'impianto da effettuarsi secondo una o più delle seguenti modalità:

a) in generale effettuando una prova alla pressione di rete con l'utilizzo di manometri di tipo tradizionale o elettronico o altri strumenti equivalenti, opportunamente raccordati all'impianto (mediante la presa di pressione dell'apparecchio);

b) sulle giunzioni in vista mediante soluzione saponosa o idonei prodotti, anche al fine di localizzare la dispersione; oppure mediante cercafughe elettronici;

c) oppure verificando che a valle del misuratore, dopo avere alimentato con gas combustibile l'impianto, ma con tutti gli utilizzatori non in funzione, per un periodo di almeno 15 min il misuratore stesso non segnali passaggio di gas.

Se si dovesse avvertire l'odore di gas, oppure l'esito della prova di tenuta sia dubbio o evidenzi delle perdite è necessario effettuare la prova di tenuta, in conformità alla normativa vigente, con idonea strumentazione e ricercare la causa della perdita stessa per gli eventuali successivi interventi di risanamento dell'impianto. Nel caso si debba intervenire sull'impianto, l'intervento deve essere effettuato secondo la normativa vigente.

8 ESISTENZA E FUNZIONALITA' DEI DISPOSITIVI DI SORVEGLIANZA DI FIAMMA

8.1
Per tutti gli apparecchi di riscaldamento o produzione di acqua calda è necessario verificare che gli stessi siano dotati dei sistemi di sicurezza per la sorveglianza di fiamma, atti ad interrompere l'afflusso del gas nel caso di spegnimento accidentale delle fiamme stesse (bruciatori).
8.2 Verifica di funzionalità

Ove non esista un rapporto di controllo e/o manutenzione relativo all'ultimo biennio, la verifica della funzionalità dei dispositivi di sorveglianza di fiamma si effettua nel modo seguente:

a) Apparecchi dotati di termocoppie

La funzionalità delle termocoppie si controlla come segue: si inizia con la sola fiamma pilota in funzione; quest'ultima deve essere spenta chiudendo il rubinetto di intercettazione del gas a monte dell'apparecchio; entro 60 s dallo spegnimento si deve avvertire lo scatto della valvola di blocco; successivamente, ove l'apparecchio lo consenta senza lo smontaggio di parti funzionali dello stesso, si riapre il rubinetto di intercettazione e si prova ad accendere la fiamma pilota (senza intervenire sul sistema di accensione) con un fiammifero. Se la fiamma pilota non si riaccende il sistema di sicurezza è efficiente.

b) Apparecchi dotati di un sistema elettronico (ionizzazione di fiamma)

Per gli apparecchi che dispongono di sistemi a ionizzazione di fiamma, la prova si effettua accendendo l'apparecchio (il bruciatore principale), quindi si chiude il rubinetto di intercettazione del gas a monte dell'apparecchio; a questo punto il bruciatore si spegne e l'apparecchio (sempre con rubinetto chiuso) effettua automaticamente il tentativo di riaccensione per 10 s circa, dopo di che deve verificarsi il blocco dell'apparecchio.

La verifica può essere effettuata anche controllando il fermo del misuratore dopo lo spegnimento della fiamma, senza interventi sul rubinetto di arresto manuale.

8.2.1
Per gli apparecchi di cottura, se dotati di sorveglianza di fiamma, la verifica del dispositivo si esegue nel modo seguente:

- accendere un bruciatore solo ed attendere 1 min circa, quindi spegnerlo chiudendo il rubinetto (di comando) dell'apparecchio. Entro 60 s dallo spegnimento si deve avvertire lo scatto della valvola di blocco;

- procedere quindi nello stesso modo per gli altri bruciatori.

9 DISPOSITIVI RIVELATORI DI GAS NATURALE O DI GPL (SE PRESENTI)4)

L'eventuale impiego di dispositivi rivelatori di gas naturale o di GPL può contribuire, con funzioni aggiuntive ma non sostitutive, alla sicurezza di impiego del gas combustibile, mediante una funzione di rilevamento e di attivazione dell'intercettazione del gas stesso, in eventi eccezionali non intenzionali; tale impiego non esonera comunque dal rispetto di tutti i requisiti prescritti nei precedenti punti della presente norma, mentre le verifiche, ove siano presenti tali dispositivi, devono anche essere volte all'accertamento materiale della funzione svolta, solo mediante gli appositi strumenti di prova con iniettore di gas calibrato (per esempio: cuffie, maschere, ecc.).

Può essere verificato, se del caso, che detti dispositivi:

- non abbiano superato la scadenza indicata dal costruttore;

- siano conformi alla norma tecnica di riferimento. La conformità deve risultare da idonea attestazione;

- non diano segnali di guasto.

In caso di esito negativo delle suddette verifiche, deve essere segnalata all'utente la non idoneità dell'apparecchio a svolgere la propria funzione.

__________

4) rivelatore di gas (RG): Dispositivo costituito da almeno un elemento sensore atto a rivelare una determinata concentrazione di gas in aria, un dispositivo atto a generare il segnale di allarme, elementi per il comando a distanza di altri dispositivi. Il RG può contenere l'alimentatore. Quando il RG non è direttamente alimentato dalla rete di pubblica distribuzione dell'energia elettrica, tramite alimentatore incorporato, il costruttore deve specificare l'alimentatore esterno da impiegare ed indicarne tutte le caratteristiche atte ad individuarlo (definizione conforme a quella della UNI CEI 70028).
10 RISULTATI DELLA VERIFICA

I risultati del sopraluogo di verifica devono essere riportati in un apposito documento (scheda di verifica) secondo il modello riportato in appendice F. Tale documento deve essere predisposto in duplice copia, una per il committente ed una per il dichiarante.

APPENDICE A
(informativa)

CLASSIFICAZIONE DEGLI APPARECCHI A GAS 5)

A.1 Apparecchi di cottura

Apparecchi destinati alla cottura dei cibi quali fornelli, forni a gas e piani di cottura siano essi ad incasso, separati fra loro oppure incorporati in un unico apparecchio chiamato solitamente "cucina a gas".6)

A.2 Apparecchi di tipo A

Apparecchio non previsto per il collegamento a canna fumaria o a dispositivo di scarico dei prodotti della combustione all'esterno del locale in cui l'apparecchio è installato. Il prelievo dell'aria comburente e lo scarico dei prodotti della combustione avvengono nel locale di installazione.7)

A.3 Apparecchi di tipo B

Apparecchio previsto per il collegamento a canna fumaria o a dispositivo che scarica i prodotti della combustione all'esterno del locale in cui l'apparecchio è installato. Il prelievo dell'aria comburente avviene nel locale di installazione e lo scarico dei prodotti della combustione avviene all'esterno del locale stesso.8)

A.4 Apparecchi di tipo C

Apparecchio il cui circuito di combustione (prelievo aria comburente, camera di combustione, scambiatore di calore e scarico dei prodotti della combustione) è a tenuta rispetto al locale in cui l'apparecchio è installato. Il prelievo dell'aria comburente e lo scarico dei prodotti della combustione avvengono direttamente all'esterno del locale.9)

__________

5) La classificazione e le definizioni di cui in A.2, A.3 e A.4 sono conformi a quelle della UNI 10642.
6) E' importante ricordare che anche gli apparecchi di cottura devono scaricare all'esterno i prodotti della combustione.
7) Fanno parte di questa tipologia di apparecchi: scaldabagni istantanei (fino a 5 l/min), scaldabagni ad accumulo fino a 50 l di capacità e piccole stufe di portata termica fino a 4,2 kW.
8) Gli apparecchi di questo tipo sono anche definiti "a circuito di combustione aperto". Possono appartenere a questo tipo, apparecchi quali: caldaie, scaldabagni istantanei e ad accumulo, stufe, generatori di aria calda e radiatori a gas, ecc.
9) Gli apparecchi di questo tipo sono anche definiti "a circuito di combustione stagno". Possono appartenere a questo tipo, apparecchi quali: caldaie, scaldabagni istantanei e ad accumulo, stufe, generatori di aria calda e radiatori a gas, ecc.

APPENDICE B

APPENDICE C

APPENDICE D

APPENDICE E

(figure)

APPENDICE F




ALLEGATO II

DICHIARA

sotto la propria responsabilità, di aver eseguito le verifiche prescritte dalla UNI 10738 ***), ed in particolare le seguenti, conseguendo gli esiti di fianco indicati:

ESITO



                                                POSITIVO     NEGATIVO



- di aver accertato l'esistenza e l'idoneità

della ventilazione (afflusso dell'aria

comburente) e l'idoneità dei locali;               []           []



- di aver accertato l'esistenza e l'idoneità

dell'aerazione dei locali (smaltimento

all'esterno dei prodotti della combustione

degli apparecchi di cottura e degli apparecchi

di tipo A e di eventuali gas non combustibili

degli apparecchi di cottura);                      []           []



- di aver verificato l'efficienza dei sistemi

di scarico dei prodotti della combustione (per

gli apparecchi di tipo B e C). Per gli

apparecchi di tipo B, di aver accertato la

mancanza di riflusso dei prodotti della

combustione in ambiente e l'esistenza del

tiraggio durante il regolare funzionamento

degli apparecchi;                                  []           []



- di aver effettuato la verifica di tenuta

dell'impianto interno di adduzione del gas come

prescritto in 7 della UNI 10738;                   []           []



- di aver accertato l'esistenza e la

funzionalità dei sistemi di sorveglianza di

fiamma (non obbligatori per i piani di cottura);   []           []



e pertanto, nelle condizioni attuali,

                          [] IDONEO****)

l'impianto a gas risulta                 a funzionare in sicurezza.

                          [] NON IDONEO



DECLINA



ogni responsabilità per sinistri a persone, animali o cose, derivanti dall'uso dell'impianto a gas senza che siano stati eliminati i difetti funzionali che determinano la non idoneità sopra segnalata, o derivanti dalla manomissione delle attuali condizioni dell'impianto a gas o dal suo utilizzo improprio ovvero da carenza di manutenzione o riparazione.



Data                                 IL DICHIARANTE

.....................                ........................ 

                                     (Timbro e Firma)



                                     per ricevuta: 

                                     IL COMMITTENTE

                                     ........................

NOTE

(1) Il DPR 18 aprile 1994, n. 392, abrogando gli articoli 4 e 5 della legge 5 marzo 1990, n. 46 ha soppresso il riconoscimento dei requisiti tecnico professionali previsti da detti articoli.

*) Data coincidente con l'entrata in vigore della legge 5 marzo 1990, n. 46 "Norme per la sicurezza degli impianti.

**) Secondo la definizione di cui al comma 1 dell'articolo 1 del DPR 6 dicembre 1991, n. 447 "Regolamento di attuazione della legge 5 marzo 1990, n. 46)

***) Redatta anche in rispetto dei criteri previsti dalla Legge 1083/71 "Norme per la sicurezza dell'impiego del gas combustibile".

****) L'impianto è ritenuto idoneo se le cinque verifiche singole sopra riportate hanno conseguito tutte esito positivo.

VVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVVV
ALLEGATO E
VALORE MINIMO DEL RENDIMENTO DEI GENERATORI DI CALORE
1. GENERATORI DI CALORE AD ACQUA CALDA CON POTENZA TERMICA
UTILE NOMINALE COMPRESA TRA 4 KW E 400 KW
VALORE MINIMO DEL RENDIMENTO TERMICO UTILE ALLA POTENZA NOMINALE
DETERMINATO PER UNA TEMPERATURA MEDIA DELL'ACQUA NEL GENERATORE
DI 7° C.
VALORE MINIMO DEL RENDIMENTO TERMICO UTILE AL 30% DELLA POTENZA
NOMINALE DETERMINATO PER UNA TEMPERATURA MEDIA DELL'ACQUA NEL
GENERATORE DI 50° C:
dove log Pn = logaritmo in base 10 della potenza nominale espressa in kW.
I generatori di calore ad acqua calda con potenza nominale superiore a 400 kW devono avere valori del rendimento termico utile pari o superiori a quelli sopra indicati calcolati a Pn = 400 kW.
Per generatori di calore aventi doppia funzione di climatizzazione invernale e di produzione di acqua calda per usi igienici e sanitari, i valori di rendimento termico utile si riferiscono alla sola funzione di climatizzazione invernale.
La verifica del "rendimento termico utile" dei generatori di calore deve essere effettuato secondo le metodologie indicate nelle seguenti norme tecniche UNI:
UNI 7936 Generatori di calore ad acqua calda con potenza termica fino a 2,3 MW, funzionanti con combustibile
liquido e/o gassoso e bruciatori ad aria soffiata.
UNI 7271 Generatori di calore ad acqua calda funzionanti a gas con bruciatore atmosferico.
UNI 9893 Generatori di calore ad acqua calda atmosferici a gas con ventilatore nel circuito di combustione.
UNI 9166 Determinazione del rendimento utile di generatori di calore ad acqua calda a carico ridotto per la
classificazione ad alto rendimento.
In alternativa all'applicazione delle suddette norme UNI la verifica del rendimento può essere effettuata con le metodologie riportate in norme tecniche equivalenti di altri paesi membri della Comunità
europea.
2. GENERATORI DI CALORE AD ARIA CALDA CON POTENZA TERMICA UTILE NOMINALE NON SUPERIORE A 400 KW VALORE MINIMO DEL RENDIMENTO DI COMBUSTIONE ALLA POTENZA
NOMINALE:
dove log Pn = logaritmo in base 10 della potenza nominale espressa in kW.
Per potenza nominale superiore a 400 kW il valore del rendimento di combustione deve essere uguale o superiore al valore sopra indicato e calcolato a Pn = 400 kW.
La verifica del "rendimento di combustione" dei generatori di calore ad aria calda deve essere effettuata secondo le
metodologie indicate nelle seguenti norme tecniche UNI:
UNI 7414 Generatori di aria calda funzionanti con bruciatore ad aria soffiata per combustibile liquido e gassoso.
UNI 8125 Generatori di aria calda funzionanti a gas con bruciatore ad aria soffiata.
UNI 9461 Generatori di aria calda a gas con bruciatore atmosferico non equipaggiato con ventilatore nel
circuito di combustione.
UNI 9462 Generatori di aria calda a gas con bruciatore atmosferico equipaggiati con ventilatore nel circuito
di combustione.
In alternativa all'applicazione delle suddette norme UNI la verifica del rendimento può essere effettuata con le metodologie riportate in norme tecniche equivalenti di altri paesi membri della Comunità europea.

giovedì 27 gennaio 2011

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